Storie residenti: Marzio

Marzio si ripete spesso una frase che per lui non è solo un consiglio, ma quasi un incantesimo:
«Stai tranquillo, stai tranquillo…»
Se lo dice quando i pensieri iniziano a premere, quando il corpo ha voglia di andare ma la mente lo trattiene. È un modo per non farsi travolgere, per restare in equilibrio, per ricordarsi che – anche se a volte tutto sembra sfuggire – lui c’è ancora.
Poi, con un sorriso amaro, lascia andare un pensiero che racconta molto di più:
«Penso che dovrei chiedere a mio fratello una promozione per la scheda… invece che farmi solo la ricarica del telefono.»
Oggi la sua incombenza è un telefono da ricaricare, e un po’ lo distrae dal racconto, che non segue un filo lineare. È fatto di salti temporali, di memorie accavallate, di immagini che ritornano all’improvviso. Una cosa, però, è certa: nel 2008 è entrato nelle case Agape. E questa nuova vita arriva grazie a un incontro speciale, con la dottoressa Annalisa Mascia, un incontro capace di ridare fiducia e nuova linfa a Marzio.
Prima di quel momento c’era stato un lungo periodo di sofferenza e smarrimento, Anni durissimi, tanto che si era quasi assuefatto a quella condizione. Le sue giornate scorrevano tra corridoi chiusi, stanze vuote e voci lontane. Il tempo sembrava sospeso, i pensieri si facevano pesanti. Eppure qualcosa, in fondo, continuava a tenerlo in vita. Arrivarono gli incontri giusti e le cliniche: prima il centro Ippocrate, poi il Fenicottero Rosa, la prima residenza di Agape.
Il mondo Agape lo accoglie, lo porta dentro un’altra realtà. Lo ascolta, non lo cura e basta: gli apre un varco, una possibilità nuova. Ma se c’è una cosa che brilla nei suoi occhi quando parla, è la musica. Il ricordo di una stagione in cui il mondo era diverso e lui aveva un ruolo preciso.
«Dal 1987 al 1992 facevo il DJ, prontissimo per le serate. Attrezzatura giusta, mixer carico. Mia mamma mi diceva: “Abbassa il volume!”» Suonava nelle discoteche, nei villaggi, persino all’estero. A Santo Stefano, a Tunisi, a El Kef. Cita con particolare energia un episodio su un’isola: tutti stavano guardando una partita di tennis, ma l’organizzazione voleva portarli a ballare. Aveva questo compito. «Allora alzai la musica. Metti funky, progressive, melodico, mi dicevano. E poi ballarono tutti. Coinvolti. Un successone.»
Poi, la musica si è spenta. E sono arrivati giorni silenziosi, più duri. «Mi mancavano le sigarette, non avevo abbastanza soldi. Nemmeno per i biscotti.» Ricorda quei momenti con uno sguardo spento. Arrivano anche memorie più leggere, ma sempre intrecciate al dolore. «Ho conosciuto una ragazza bellissima.». Una luce nel buio.
Agape rappresenta per lui un punto d’approdo. Le case, i volti, le abitudini. «Si sono dimostrati accoglienti, normali, ma dentro ho ancora un grande magone.» Racconta con orgoglio delle piccole cose che gli sono state affidate: pulire il bagno, sistemare la camera, fare la spesa. Le giornate hanno preso una loro forma. «Con lo staff mi sono legato subito, giocavamo a basket con Cristian.»
La musica è tornata a essere parte della sua vita. Ogni giorno, appena ha tempo, si dedica ai suoi mix. «Pulisco, poi ascolto la musica, guardo un po’ di TV. Ma la musica… quella sì che conta. Sto facendo dei bei lavori, tutti di genere revival. Mixo e rimixo. Ho registrato due bei mixati, anche se non sono finiti.»
Parla di un CD masterizzato, di un impianto audio che sogna di avere. Di feste e canzoni che restano.
Tra le sue preferite, c’è Pedro di Raffaella Carrà. «Movimentata, messicana, allegra. Parla di un ragazzo… e io ballavo come tutti.»
Ha frequentato anche il corso di canto organizzato da Agape, con l’idea di togliersi l’accento sardo. «Ma ce ne vuole…» Sorride. Poi torna serio, come se vedesse la sua vita divisa tra due binari. «Vorrei uno stereo bello grande oppure tanti soldi. Ma forse mi basta continuare a stare qui, normalmente, felicemente. Con amici e nemici.»
E sull’amore, abbassa la voce: «Ho notato una ragazza, è sempre felice, parliamo spesso.» Mostra con naturalezza una cicatrice, segno di un passato che non si cancella. Poi si illumina anche quando parla di un film: «Una Rolls Royce gialla. Classico da milionario. Mi è piaciuto tanto.»
Guarda i quiz in TV, ascolta Radio Italia, canta Annalisa, segue Achille Lauro. Quando può, esce. Si ferma al distributore di caffè. Oppure va al bar a chiacchierare. E ora aspetta l’estate. «Con Agape andremo sette giorni al Poetto con tutti.» Poi conclude, con una luce diversa negli occhi: «Mi piacerebbe tornare in barca a vela. Sì, al mare.». Libero, senza più nulla che lo fermi. Verso l’azzurro infinito.