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Storie residenti: Micaela

Micaela ha l’aspetto di chi sa che l’appuntamento è importante. Raccontarsi, descriversi, pensare al passato. Il trucco, le mani che accarezzano il tessuto della sua giacca come a cercare conferma, una felpa fucsia, un lieve sorriso sulle labbra. “Avevo voglia di cambiare, dovevo farlo soprattutto per me stessa”, dice. E forse in quelle parole c’è tutta la sua storia.

Da bambina è vivace e solare. Ricorda l’amica Alessandra e le sorelle ginnaste. “Rubavamo i costumi e i cerchi, giocavamo e immaginavamo poi di diventare ginnaste.” Avrebbe voluto praticare la ginnastica artistica, ma gli occhiali glielo hanno impedito. Un fardello pesante, che però le ha permesso di vedere il mondo in un altro modo. “Li ho avuti solo in terza elementare. Quando li ho indossati per la prima volta, ho visto il mondo in altri colori. Bellissimo.”All’improvviso, tutto aveva senso. Ha iniziato a disegnare, a dipingere.

La fragilità l’aspetta dietro l’angolo appena finisce l’adolescenza. Prova a tenere insieme i pezzi della sua vita buttandosi sul lavoro. Un’azienda agricola, un’impresa di pulizie, un panificio. Ma le difficoltà legate alla sua salute la mettono a dura prova. Cerca un rifugio nel mondo virtuale, davanti allo schermo di un computer, sperando di trovare risposte nelle amicizie online. “Lavoravo con l’emicrania, ma non riconoscevano il mio disturbo.” Solo dopo molte visite, la sua patologia viene finalmente diagnosticata grazie al dottor Tondo, uno psichiatra che l’ascolta con attenzione. “Le persone attorno a me mi hanno inculcato la forza, ma molto dipendeva da me. Se non avessi voluto, non sarei qui.

Arriva il cambiamento: si aprono le porte di una casa riabilitativa psichiatrica a Villanova. “Mi hanno accolto bene. Mi sentivo felice anche se purtroppo non si poteva restare più di due anni.” La speranza ricomincia. Poi, però, arriva la pandemia. Il lockdown costringe tutti dentro casa, stravolgendo la quotidianità. Per molti significa la rinuncia alla libertà, per lei significa perdere i suoi punti di riferimento: le passeggiate in via Garibaldi e via Sonnino, i negozi, le insegne, i profumi, la gente, il contatto con il mondo esterno. Tutto svanisce.

Dopo due anni a Villanova, arriva in Agape. Un breve periodo nell’h24  e, dopo sei mesi, il co-housing autonomo, un bel trivano con altre compagne. Un nuovo inizio, un luogo in cui per la prima volta sente di poter ricostruire senza temere le macerie: “Mi hanno fatto amare la vita e il rispetto per me stessa.”

È un percorso fatto di piccoli e grandi gesti quotidiani, di regali inaspettati. Un corso di make-up nell’ambito delle attività sociali e artistiche della Cooperativa. “Mi sono divertita tantissimo,” racconta. “Mi affascinava l’estrosità della maestra.” Oggi, però, ha una visione diversa, più consapevole, più razionale. “Oltre i colori e le linee, non è importante il trucco, ma quello che si ha dentro.”

Ogni giorno sente sua madre. Ha un pensiero per lei: “Non sta bene, ha una distrofia benigna”, dice con voce bassa, quasi a volerne alleggerire il peso. Con il padre ha un ottimo rapporto, la sua famiglia, oggi, è anche Agape: “L’équipe è fantastica, mi supportano sempre.” Il teatro, il canto, i pranzi condivisi: tutto fa parte di un nuovo equilibrio.

La mattina si sveglia, si occupa della casa, partecipa al tutoraggio con Nicola Scano e Andrea Contu: “Mi stimolano a uscire, a vedere cose belle”, racconta. Il lungomare, il parco di Molentargius. “Faccio seicento passi”, dice con orgoglio, mentre il mondo intorno a lei si allarga.

Il mare ha sempre un posto speciale nei suoi ricordi. L’infanzia a Maddalena Spiaggia, le conchiglie raccolte con il nonno, la zia creativa, la nonna con la passione per i fiori. “Mi ha insegnato ad amarli”, sorride. E poi il mare d’inverno, quello di Ruggeri: “Tranquillità, pace, colori particolari, onde spumeggianti, odori diversi.”

Oggi Micaela ha tanti progetti. Prepara il Carnevale con Enrico Di Leo, dove veste i panni di un clown. “ll mio compito è far sorridere i bambini e gli anziani, le persone più fragili.” Ama i bimbi: “Sono sinceri, dicono quello che pensano. Noi adulti ci tratteniamo.”

Eppure, dietro il suo sorriso, si nasconde una malinconia sottile, un riflesso di giorni difficili che non svaniscono mai del tutto. “A volte sorrido e dentro sento un nodo alla gola”, confessa. “Ma vado avanti.” Come nella canzone di Vasco Rossi, Sally, in cui la protagonista cammina nel mondo, stanca e ferita, ma con la voglia di ricominciare sempre. Micaela è come quelle parole.

“Ho combattuto e vinto. Sono un’altra persona. Mi butto sulle cose.” Le piace cucinare, condividere. Ha amici, amiche. “Sono la mia gioia di vivere.”

Il suo messaggio? “Mai perdere la speranza. C’è sempre una porta che si apre. Non disperarsi mai e lottare sempre”. Va via e prepara una sigaretta, intanto alza sguardo al cielo e ricorda: “Sono stata fortunata anche oggi.” Un sorriso nuovo si apre, quasi che ritoccare con le dita il proprio cuore e passato ferito le abbia dato nuova forza.