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Storie Residenti: Silvia

Pace, litigi e poi l’alba. Chiara, come la famosa canzone di Vasco, che è una delle sue preferite. Silvia è una donna di 49 anni, con una storia come un gomitolo di lana, piena di snodi, ma anche di momento di dipanare. Oggi vive con una nuova consapevolezza, perchè quel gomitolo comincia a diventare una forma bellissima.

Un percorso come un sentiero che si snoda tra luci e ombre. La famiglia e le sue difficoltà hanno lasciato segni profondi. “Da quando sono con Agape sono cambiata molto,” dice Silvia. “Faccio più cose, sono più libera. Mi sono affezionata agli operatori per il loro comportamento amorevole. Finalmente c’è pace intorno a me.”

Non è stato facile arrivare a oggi, e Silvia lo sa bene. Una consapevolezza lucida, sorprendente, che sa guardare dentro e fuori la propria vita con un occhio quasi clinico. Scava nei ricordi, nelle ferite, e trova significati nascosti.  
“A 18 anni hanno ricoverato mia madre per un tumore allo stomaco. È stato un miracolo: ha superato tutto, e questo mi ha fatto credere in Gesù. La sofferenza, sua e nostra, è stata grande. Avevamo paura che le cose peggiorassero. Nostro padre era severo, ma non ci ha mai fatto mancare nulla.”

A 22 anni, la depressione. “Stavo sempre a casa, ero stufa. Vivevo con l’OSS, ma in casa non c’era pace, solo litigi. Volevo un posto dove ci fosse serenità”. Un giorno chiese aiuto al dottor Montixi, “è stato lui ad aiutarmi a salvarmi da quella vita. Così sono venuta via da casa senza dire nulla a mamma, Matteo e Ale. Mi hanno portata a Capoterra, nella prima struttura”.

Silvia ha una grande famiglia: nove fratelli, di cui una non ce l’ha fatta, e una madre che ha affrontato tanti ostacoli, come una caduta rovinosa con una frattura e poi un’amputazione delle gambe che le ha tolto completamente la mobilità. 

La sua vita non è solo una valigia da spostare da un posto all’altro, ma un bagaglio ricco di sogni, progetti e desideri di benessere. Ricomincia a organizzarsi, a costruire una vita ordinata: cucina, gestisce i  suoi soldi, affronta gli impegni, trova la sua autonomia. Preziosa e confortante.  Non mancano i momenti di sconforto. “All’inizio piangevo. Non volevo il cellulare, lo consideravo un nemico”.
La famiglia resta un punto di riferimento, ma Silvia ha imparato a prendersi cura di sé stessa.  

Tra le sue conquiste ci sono passi che una volta sembravano impossibili. “Ho ripreso a muovermi in autonomia: prendevo la corriera, andavo a Cagliari, portavo il giornale, incontravo persone e facevo i cruciverba in un gruppo promosso dal Centro di Salute Mentale, organizzato dagli psichiatri. Fare i cruciverba mi aiutava tanto.”  

Anche nelle relazioni personali, Silvia vive alti e bassi. “Mi sono innamorata due volte. Uno era del gruppo di cruciverba, ma mi ha preso in giro. L’ho bloccato su Facebook e sul telefono. Però ho amici del cuore, come Andrea e Anna, che sono come fratelli e sorelle. Si parla del più e del meno.”

Un nuovo capitolo si apre con l’arrivo in una Casa Agape con un progetto del Comune di Cagliari, Vita Indipendente, una possibilità piena di sorprese e curiosità. “All’inizio ero stupita da questa realtà. Stupita dall’approccio di una persona come Annalisa. La vedevo bene, altruista. Finalmente trovavo una persona che non pensava solo a se stessa. Mi ha dato energia positiva.”

Le attività organizzate in Agape le restituiscono fiducia. “Mi piace quando facciamo teatro, anche se non sempre partecipo a tutto. Per esempio, non sono venuta al corso di canto e alle cene perché non mi piace l’orario. Se esco presto la mattina, la sera ho bisogno di riposare.”

Silvia affronta tante piccole sfide, ognuna delle quali la rende più forte. “Devo muovermi di più,” dice, “ma intanto lo faccio, una piccola sfida alla volta.” E sorride, con quella sua tenerezza che traspare dagli occhi, difesi da una montatura chiara.

La sua quotidianità diventa più ricca e meno incerta. “Facevo esami del sangue, andavo al negozio sotto casa e cucinavo. Dopo tre mesi che non vedevo nessuno, andavo a casa nel fine settimana e poi rientravo. Non mi piaceva restare a casa troppo a lungo.”

Le cadute non mancano, ma Silvia impara a reagire. Come ieri, quando la pioggia la teneva in casa, e lei aspettava il sole di dicembre. “Silvia, tirati su, reagisci,” si dice. E reagisce. Dialoga tanto con sé stessa, incitandosi a fare quel metro in più che fa la differenza nelle sue giornate.

La cucina è una passione e un modo per dare qualcosa al mondo. “Cucinare è un piacere. Mi piace preparare in particolare la carbonara, le lasagne e le polpette. Sono buone!” dice con un sorriso goloso. “Si vede che sono di buona forchetta, no? Però ho perso 8 chili grazie alla nutrizionista. Ora pranzo, ma ceno poco.”

Le attività di gruppo restano un punto fermo. “Mi piace partecipare ai gruppi e alle attività, soprattutto il teatro. Mi piace seguire Enrico: ci divertiamo tanto. Facciamo cose che non pensavamo di poter fare, come mimare e parlare in modo diverso dal quotidiano.”

“La vita, il modo in cui scegli di vederla ti cambia completamente: tutto dipende da come scegli di guardare” diceva David Foster Wallace. Silvia oggi vede oltre. Ha un sogno semplice e se lo immagina trovando le parole:“Tra cinque anni mi vedo a casa mia, con un cagnolino. Non immagino un compagno, se non con un amore sincero, altrimenti basta solo star bene.”

Conclude con un consiglio che viene dal cuore. “Non abbattetevi, non mollate, chiedete aiuto, fatevi aiutare. Quando vi trovate in una situazione che non va bene, fate qualcosa per cambiare.”

La sua storia è quella di una donna che ha trovato il modo di rimanere a galla, nonostante le onde alte della vita. Dipinge quel gomitolo che ha una forma diversa da quando era ventenne. Oggi Silvia affronta il mondo un passo alla volta, con il teatro, il profumo dei suoi piatti e una nuova consapevolezza. La serenità è il regalo più grande.